Non è il solito trionfo personale in modalità digitale, non è un giro di encomi autocelebrativi. La mia è una storia fatta di delusioni, rinascita e speranza. Sono nato a Colleferro, un paese (perché di quello si tratta) in provincia di Roma, in un assolato pomeriggio d’Agosto, nell’ormai non più vicino 1989, l’anno della caduta del muro di Berlino. Già, Berlino, proprio quell’evento lì fatto di speranze, sogni e a volte illusioni ha in qualche modo percorso un binario parallelo con la mia esistenza.
Fin da bambino sono stato sempre attratto da una moltitudine di cose, anche apparentemente di ambiti diversi e questo mio modus operandi mi ha accompagnato e mi accompagna tutt’ora. Dal “benvenuti ai 30” ho scoperto di avere passioni che non sapevo che potessero percorrere il mio essere. Ho scoperto nel corso della vita che la mia multipotenzialità non fosse ben digesta e compresa a chi mi frequentava, per questo ho avuto sempre tante difficoltà nell’inserimento nei “gruppetti” di amici, tanto da essere stato solo per molti e molti anni della mia adolescenza.
Proprio l’adolescenza è stata la mia prima cicatrice, ho vissuto gli anni più bui della mia vita proprio nel periodo scolastico liceale in un’ambiente decisamente ostile. Diciamola tutta, non sono mai stato uno studente assennato, ma ho sempre fatto del mio meglio, genio e sregolatezza come si dice in gergo. Ho avuto i peggiori professori liceali che uno studente potesse desiderare, di quelli che non guardano oltre la didattica, che non capiscono che oltre il quaderno c’è una “forma umana”. E così mi sono lentamente alienato dal “contesto classe” diventando, de facto, un emarginato.
Le mie giornate scolastiche passavano in attesa della fine delle lezioni, disegnavo i minuti sul banco per 4 o 5 ore di fila. Ma nonostante questo mio disagio interiore nulla fermava la mia mente, le mie idee, il mio modo di fare.
Terminato il liceo, mi sono laureato brillantemente in lettere e filosofia all’Università LUMSA di Roma dove, ahimè, sono incappato nella spirale recessiva che stava attanagliando l’Italia nel 2011. Lo spread, Mario Monti, il governo tecnico, il default possibile, tutti elementi che hanno contribuito, negativamente, al mio inserimento nel mondo del lavoro.
Durante il 2013 ho cercato, senza fortuna alcuna, di inserirmi nel mondo del lavoro, girando per quello che io chiamo il circo delle illusioni. Ho incontrato falsi profeti, finti benefattori, clown con e senza maschera di ogni tipo che mi hanno accompagnato verso i 23 anni. Ho iniziato a soffrire, a stare male per essere “diverso” dagli altri ovvero nel non avere avuto l’opportunità di avere un lavoro.
Così un giorno decisi di aprire una pagina Facebook su una mia grande passione, il cinema. Fin da bambino sono sempre stato affascinato dal cinema e della sua potenza evocativa. Il nome della pagina doveva partire dalle origini, dall’inizio della settima arte. Cinematographe.
Non sapevo che da quel piccolo gesto si sarebbero poi innescati una serie di eventi che hanno poi segnato la mia vita per sempre.
Cinematographe non è stata solo una pagina, è diventato nell’arco di 7 lunghissimi anni, il mio lavoro. Già, il lavoro. Avevo creato un qualcosa di straordinariamente funzionale, avevo riunito intorno a me una cerchia di persone che credevano nella mia idea, nel mio mondo.
Da una piccola pagina Facebook personale Cinematographe è diventato un brand riconosciuto a livello nazionale e internazionale, con collaboratori in tutto il mondo, un passo incredibile per un ragazzo di soli 23 anni.
Ma questa non è una favola destinata al lieto fine. Per mia volontà ho cercato di far crescere sempre di più il progetto ma, come accade ad Icaro, per avvicinarmi troppo al sole ho bruciato le mie ali.
Nel 2017 ho stretto un accordo con un noto brand di canali YouTube che, lentamente ha portato il mio progetto nelle loro fauci da finti benefattori, colpa anche della mancanza di “comprensione” della mia professione da parte di chi mi avrebbe dovuto tutelare. Così, dopo una serie di situazioni ambigue e di discorsi preparativi a un finale poco allegro, il 17 settembre 2020 ho dovuto cedere la mia creatura sotto l’egida di ricatti e minacce.
Dopo 7 lunghi anni passati a lavorare per un mio progetto mi sono ritrovato senza nulla, solo e lentamente dimenticato da tutti. La pandemia mi ha chiuso in casa, ma non solo, sono rimasto con i miei pensieri, con le mie idee ma con un vuoto dentro inimmaginabile.
Nulla è e sarà più come prima. Ho perso parte di me in quello che è successo. Tutt’ora penso a quello che avrei potuto fare e che non potrò fare mai più. Ma forse era arrivato solo il momento di voltare pagina.
Oggi lavoro a scuola come professore, sono sempre in mezzo ai ragazzi, faccio quello che avrei voluto che i miei insegnanti facessero. Inoltre “coltivo” la mia grande passione per la ristorazione, lavoro infatti in enoteca come Sommelier e Barman, perché il beverage è poesia, è arte ed è giovialità. Ho ritrovato il sorriso grazie al mio lavoro, alle mie passioni, alle persone vere che sono apparse nella mia vita, grazie alla mia volontà di resistere e saper sempre rinascere, come l’araba fenice.